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E prima di partire…

E prima di partire: copertinaStefano Valla: piffero, voce
Daniele Scurati: fisarmonica, voce

Buda records: 2001
Finita la processione, dopo avere bevuto il vino nelle scodelle al buio delle cantine decorate con i finimenti dei muli e condiviso la gastronomia locale generosamente offerta sulla soglia delle case, centinaia di ballerini di ogni età si riversano sull’aia del paese, arroccato sul fianco della montagna, per dar vita alle danze sotto l’egida di una via lattea estiva: siamo nelle quattro province. Dal piccolo palco, concatenando alessandrine, valzer e mazurche, la diabolica coppia piffero-fisarmonica conduce all’incanto del sogno.
Seduto sulla sedia, attento agli umori della festa, con un occhio al suo compagno-complice e il busto eretto per liberare il soffio, il pifferaio è il maestro delle cerimonie; un ruolo che esige costanza e resistenza fisica, non solo durante le quattro o cinque ore di ballo, ma anche per essere partecipe dei convivi che coronano la festa. Negli anni ’50 e ’60, a causa dell’esodo rurale e della “televisione”, questa tradizione di festa si era notevolmente disgregata; agli “ambianceurs” perciò vennero a mancare le motivazioni per proseguire la loro opera (il cammino di festa), e le “vocazioni” divennero più rare. È in questo contesto di riflusso che Stefano Valla, oggi trentanovenne, ebbe i suoi inizi. Nato a Genova e diplomato all’Accademia di Belle Arti, egli ha sempre mantenuto un profondo legame con Cegni, suo paese d’origine situato nell’Appenino pavese. Una zona dove, fin dall’infanzia partecipò alle feste, ballò la giga e la monferrina e subì il fascino dello strumento emblematico della tradizione; il piffero, oboe italiano ribelle e seducente, ornato da una piuma di gallo. D’altronde, proprio nel suo paese, vivevano due maestri dello strumento, Giacomo “Jacmon” Sala e Ernesto Sala; sarà quest’ultimo che gli insegnerà la tecnica e il repertorio, al pari di un altro musicista, Andrea “Taramla” Domenichetti, fisarmonicista del vicino paese, Negruzzo.
Così, alimentato da queste due sorgenti, Stefano Valla erediterà il retaggio di un considerevole patrimonio, tanto al livello del corpus, quanto a livello dell’anima del suono, eredità ben più ineffabile. Analizzando la questione della coppia piffero-fisarmonica, ci si rende conto infatti, che non si tratta della coabitazione più o meno felice tra due strumenti ad ancia, bensì di una simbiosi sofisticata, figlia di un secolo di pratica, da quando cioè la fisarmonica soppiantò la musa, della quale ne adotto le funzioni. Unione che, in fine, ha inventato uno strumento che potremmo definire del terzo tipo; la sua ortodossia stilistica, trasmessa senza interruzioni fino a Stefano Valla, verrà da lui trasmessa ai nuovi adepti.
In lui abita sempre il proselito fedele ai valori della tradizione orale e sensibile ai richiami del proprio tempo. Un dualismo che si esprime attraverso il suo percorso. Ha collaborato con diversi fisarmonicisti della regione (quali ad esempio Dante Tagliani, Cinto Callegari, Giacomo Davio); nel 1983 fonda il gruppo “I Suonatori delle Quattro Province”. Ritenendo inoltre importante far conoscere questa musica oltre i confini della zona di origine, realizza nel 1986 la sua prima registrazione. Parallelamente collabora alle ricerche etnomusicologiche, in particolare con Mauro Balma, del Conservatorio di Genova, e con l’organologo Luciano Messori. Nel 1989 entra a far parte di “Une Anche Passe”, gruppo guidato da Laurent Audemar, il quale svilupperà un appassionante lavoro di creazione coinvolgendo in diverse incisioni, musicisti rappresentativi delle “ance” dell’area mediterranea. Nel 1999, in collaborazione con l’Associazione Culturale Società dell’Accademia di Voghera, con il finanziamento della Regione Lombardia, fonda il Centro di Documentazione Etnografica (CDE), nel Comune di Santa Margherita Staffora.
Questi molteplici investimenti si accompagnano all’attività di canterino nell’ambito del trallalero, arte canora tipica di Genova, che egli svolge da diversi anni come voce di “chitarra” in seno alla famosa “Squadra”.
Questo multiforme lavoro di memoria, creazione, scambio trova riconoscimento nel 1994, quando incide con Franco Guglielmetti un disco (etichetta Silex), che ottiene il premio dell’Accademia Charles Cros e numerosi elogi della critica europea.
Nondimeno, oltre a svolgere una importante attività di trasmissione (dal 1996 insegna piffero all’Accademia di Voghera e tiene numerosi stages e corsi di danza con Annalisa Scarsellini), l’impegno di Stefano Valla è rivolto soprattutto alla ricerca di nuove prospettive per lo strumento. Una volontà che giustificherà la sua ricerca di nuovi colori con rinomati musicisti di jazz, quali ad esempio il fisarmonicista piemontese Gianni Coscia e il pianista Umberto Petrin. È comunque il risultato della sua ricerca che egli offre in questo album, nel quale si rivela anche il talento espressivo del suo figlio spirituale, Daniele Scurati, ventotto anni, fisarmonicista, rispetto al quale si può parlare non tanto di una conversione all’arte pifferistica, bensì di una sua crescita all’interno di questo mondo musicale; una formazione “in situ” ottenuta contemporaneamente allo studio del pianoforte presso il Conservatorio di Milano. In questo sottile tandem, per il fisarmonicista non si tratta tanto di “avere dei muscoli” o solamente potenza ritmica, quanto di realizzare un lavoro sull’armonia, di essere attento alle melodie legate al mondo modale, di trovare il giusto equilibrio fra idee di ieri (i cento anni della coppia) e le innovazioni odierne.
Il mantice deve respirare insieme al piffero, lo swing della fisarmonica adeguarsi al fraseggio dell’oboe, in quanto le melodie, e in particolare quelle più antiche, sono articolate intorno a “nodi” di note: l’ideale da inseguire è trasformare il proprio suono in voce “che piange, che ride”.
Per aspirare ad una siffatta alchimia la scelta degli strumenti è decisiva. Perciò i pifferi di Stefano Valla sono ad opera del tolosano Claude Romero, il quale, partendo da un esemplare del famoso artigiano degli anni ’20 “il Grixio” (Niccolò Bacigalupo), ha saputo riportare ad alto livello la costruzione dei pifferi. Le ance, fissate con cera d’api, sono realizzate da Stefano Valla, secondo il metodo trasmessogli da Pino Brignoli; metodo che favorisce l’elasticità del timbro, dando vita a un suono dinamico a volte morbido a volte forte, che è l’essenza sonora di un buon piffero.Le fisarmoniche di Daniele Scurati sono state concepite nella vicina Stradella, città culto della fisarmonica, dove da diversi anni il duo conduce una ricerca sui timbri, sui bassi, sulle ance, sui colori ideali per il matrimonio con il piffero.Per tutte queste ragioni il repertorio dell’album è contemporaneamente omogeneo e di grande eclettismo d’ispirazione. Vi troviamo una selezione di incantevoli alessandrine, a volte molto antiche, scelte tra un repertorio ricco di centocinquanta pezzi cardine; così come monferrine, ugualmente arcaiche, fra le quali una relativa alla presenza dei francesi nella zona di Genova al tempo di Napoleone. Vi scopriamo una frittella di carnevale seguita da “la povera donna”, danza rituale carnevalesca ricca di allusioni sessuali ed evocatrice della fertilità legata all’arrivo della primavera; lo stesso “brutto”, interprete della danza rituale, presenta le maschere e invita al ballo delle monferrine. “La bella növa”, canzone prediletta dalla nonna di Stefano Valla — la quale era spesso accompagnata nel canto dal piffero di Giacomo Sala e dalla cornamusa — ci permette un’incursione nei canti rituali da matrimonio. “Tri bei giuvin” evoca per noi l’incontro sulla montagna di ragazzi di valli differenti, all’epoca in cui le comunicazioni erano difficili e stagionali. Veniamo poi gratificati dalle superbe mazurche, fra le quali una squisitamente pifferistica, quella in la minore detta “di Ivano” (dal nome di un ballerino che amava richiederla spesso ai musicisti). Più singolare il brano “I disertori”, che durante la prima guerra mondiale, prima di essere “pifferizzato”, si intitolava “Fuoco e mitragliatrice”; pezzo musicale da mettere in parallelo con il “Valzer di Vittoria”, interpretato sa un suonatore ucciso a ventidue anni nel 1915, unitamente a “Parto per l’America”, canto d’emigrazione che ci ricorda quale sia stato il contributo pagato da questa regione alla guerra, all’emigrazione a cui fa da corollario l’esodo. L’album si conclude con il “Levar di tavola”, generalmente suonato alla fine dei pranzi; un brano di bravura che concentra tutte le difficoltà e possibilità di linguaggio del piffero. A questo pezzo mitico segue un valzer, composizione contemporanea di Andrea Masotti.Così, attraverso queste diverse luci, Stefano Valla e Daniele Scurati, lontani da tutti gli stereotipi, illuminano il percorso di una tradizione viva e la storia di un genere. Il brano n. 6, polca chiaramente immaginata dal “piffero”, come altre danze di coppia, ci testimonia come un genere pensato originariamente per altri strumenti, sia stato assimilato e reinventato da questa tradizione e ci riporta direttamente al passaggio tra musa e fisarmonica: percorso iniziatico che spiega anche l’identità di un fare musicale in piena innovazione, tra città industriose e piccoli paesi appenninici, quando si riattivano le virtù della festa e del collettivo, dopo che la “modernità”, per un certo periodo, ne aveva avvilito i valori; altalena giubilatoria tra l’ieri e l’oggi, che giustifica l’omaggio al passato, sia che si tratti di “Taramla”, di “Baciunein” (Domenico Brignoli, uno degli inventori del modo di accompagnare il piffero con la fisarmonica), o di Ernesto Sala (con la ripresa di uno dei suoi valzer gioiosi, il n. 5), i quali, ne siamo certi, apprezzano con diletto le melodia di questi figli scherzosi e prodighi.Frank Tenaille
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[lang_it-it]Recensioni[/lang_it-it]

[lang_it-it]”Musica tradizionale dall’Appennino. Le Quattro Province: Genova, Piacenza, Alessandria, Pavia”. Basta il sottotitolo del CD “E prima di partire…” per evocare un’area dell’Italia settentrionale che è una sorta di zona franca musicale. Un punto d’incontro nel quale non si sa dove l’una finisce e comincia l’altra e che il piffero di Stefano Valla evoca in modo struggente.Questo oboe popolare privo di chiavi era un tempo accompagnato dalla zampogna, poi progressivamente sostituita dalla fisarmonica nel corso della metà del Novecento. Il repertorio di questa coppia strumentale comprende danze antiche come monferrina, alessandrina, giga e il cosiddetto liscio da piffero ossia valzer, mazurca e polka, e il primo gruppo di musiche della tradizione orale prevale decisamente in questo CD del musicista originario di un piccolo paese dell’Appenino pavese. Tra l’altro Valla è stato fondatore de I Suonatori delle Quattro Province, ha fatto parte di un interessante ensemble transnazionale chiamato Une anche passe, e svolge il ruolo vocale di “chitarra” nella Squadra dei canterini del centro storico, illustri esponenti del trallalero genovese, il canto polivocale ligure.
Nell’esecuzione di queste musiche che animano le feste e i balli tradizionali ogni ornamentazione nasce dal profondo e non è decorazione, ma essenza di un modo di interiorizzare un’eredità del passato. La sua figura di strumentista rappresenta certamente un equilibrio molto interessante tra consapevolezza del repertorio storico, conoscenza di altre tradizioni musicali, e sottile capacità di innovare e far rivivere lo spirito delle lezioni dei suoi maestri, in particolare il celebre Ernesto Sala, senza tradirne la memoria. Nel suo modo così poetico ed espressivo di suonare il piffero oltre alla nostalgia per il passato risuona, grazie anche alla complicità della fisarmonica di Daniele Scurati, una voglia di raccontare il presente per proiettare nel futuro il timbro di questo strumento di antica memoria.
Paolo Scarnecchia[/lang_it-it]
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E prima di partire…

E prima di partire: copertina
Stefano Valla: piffero, voice
Daniele Scurati: accordion, voice

Buda records: 2001
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E prima di partire…

E prima di partire: copertina
Stefano Valla: piffero, voix
Daniele Scurati: accordeon, voix

Buda records: 2001[/lang_fr-fr]